Un aspetto di cui tenere conto nel momento in cui ci si sposa è quello del patrimonio. Il Codice Civile infatti stabilisce, mediante l’articolo 177 e seguenti il regime definito Comunione dei Beni. Questo particolare regime patrimoniale interviene di prassi, salvo diversa indicazione. È dunque possibile modificarlo mediante apposito atto notarile in un qualsiasi momento.
Beni compresi nella comunione
La comunione dei beni comprende tutti quelli che sono stati acquistati durante il matrimonio ma vi sono alcune eccezioni sancite dalla legge. Indipendentemente da chi abbia effettuato l’acquisto o il pagamento, dunque, i beni rientrano nel patrimonio di entrambi i coniugi. Bisogna dunque prestare attenzione a questo dettaglio soprattutto quando si acquisterà un bene che ricade in comunione dei beni. La volontà contraria di uno dei coniugi infatti renderebbe la vendita annullabile.
Come detto in precedenza, però, vi sono delle eccezioni che la legge stabilisce per tutelare i singoli individui, pertanto nel regime patrimoniale alcuni beni sono esclusi. Vediamo quali:
- I beni posseduti prima di contrarre il matrimonio
- Quelli acquisiti per successione o donazione, anche successivamente al matrimonio (salvo menzione specifica di attribuzione in regime di comunione dei beni)
- Beni di uso strettamente personale, come vestiti o gioielli
- I necessari allo svolgimento di attività professionale
- Quanto acquistato tramite vendita di altri beni personali
Possiamo notare, perciò, come il legislatore non voglia unire in maniera vincolante i due patrimoni. Stabilisce allora che solo alcuni beni rientrino nel patrimonio comune dei coniugi, poiché si presume che siano stati acquistati di comune accordo o mediante l’impegno di entrambi. Altri beni invece, nonostante questo regime patrimoniale, rimangono esclusivi dei titolari a prescindere dalla comunione.
Quanto appena sostenuto ha effetto, tra l’altro, su una diversa trattazione dei rapporti con i creditori. Infatti, se i coniugi hanno optato per la comunione dei beni risponderanno per le obbligazioni contratte in solido. Diverso iter seguono invece quelle contratte individualmente. In questi casi il creditore potrà avvalersi principalmente sul patrimonio personale del coniuge e solo in via residuale sulla quota in comunione del coniuge debitore. È necessario precisare che il creditore potrà avvalersi del patrimonio in comunione anche nel caso l’obbligazione fosse sorta in un momento precedente al matrimonio.
Amministrazione ordinaria e straordinaria
Per garantire una certa flessibilità a questo regime patrimoniale il legislatore ha permesso ai coniugi approcci diversi per ciò che riguarda la disposizione di essi.
L’ordinaria amministrazione infatti spetta ai coniugi in maniera disgiunta. Questo significa che ognuno può disporre del bene senza il necessario consenso dell’altro coniuge. Comportamento differente è stabilito invece per la straordinaria amministrazione. In tal caso è necessario il consenso di entrambi i coniugi per la disposizione del bene. In sua assenza l’atto dispositivo diviene annullabile.
Da comunione dei beni a separazione dei beni
Anche se la disciplina sembri chiara, sotto molti aspetti richiede una attenta analisi per via delle difficoltà che potrebbero riscontrarsi nella gestione del patrimonio. Il ruolo del notaio in questo caso previene proprio l’effettuazione di scelte che non potrebbero necessariamente essere le più auspicabili in situazioni specifiche.
In qualsiasi momento ,quindi, si può effettuare una modifica al regime patrimoniale scelto. Sarà pertanto possibile passare dalla comunione dei beni alla separazione dei beni. La procedura richiede l’intervento di un notaio che mediante atto scritto sancirà la separazione del patrimonio comune. L’atto di separazione poi verrà registrato con l’atto di matrimonio. Il notaio inoltre, nella separazione, potrà attestare come avverrà la divisione dei beni e le rispettive proprietà.